Da quando si è iniziato a parlare di Big Data la chiave di volta della comprensione di sistemi complessi risiede nelle Analytics. Tuttavia in questa denominazione non vanno raggruppati solo tecnologie, algoritmi e modelli, ma anche le persone e le competenze che estraggono conoscenza dai dati.
Un’indagine condotta su manager ed executive dalla nota scuola di management Insead sui pilastri del Digital Journey svela che nelle organizzazioni che si sono portate all’avanguardia della digitalizzazione il focus è meno su dati e storage e più su analisi e idee. Questo, sottolineano i top manager intervistati, ha implicazioni sui professionisti e i ruoli di cui un’organizzazione ha bisogno – compresi nuovi leader per guidare la trasformazione digitale.
L’Industria 4.0, cioè la digitalizzazione del manufacturing, sta riducendo fortemente il gap di convenienza economica tra il modello della produzione di massa e quello della produzione artigianale e su misura, anche grazie all’intervento di figure di mediazione tra culture diverse come quelle dei “quants” (analisti), dei nativi digitali e delle figure più tecniche, legate al “saper fare” tipiche del Made in Italy.
L’economia italiana sta già manifestando i primi segni della corsa verso l’industria 4.0, soprattutto se si guardano i dati del mercato del lavoro. Sono infatti emerse una serie di professioni “vincenti”, in grado di produrre variazioni positive in termini occupazionali. Tra il 2012 e il 2016, infatti, la digitalizzazione del lavoro in Italia ha generato una forte crescita delle professioni informatiche, con un saldo positivo di 68mila unità.
Un report curato dall’Osservatorio statistico dei Consulenti del Lavoro fa emergere che negli ultimi anni i profili più richiesti siano stati quelli di “analista e progettista di software” nonché i tecnici del made in Italy per valorizzare sui mercati esteri tutta la filiera produttiva dei prodotti di qualità, dal manifatturiero all’enogastronomia.